Leggi che selezionano chi vive e chi muore sono un «obbrobrio» da scongiurare. È un fermo e chiaro appello alle istituzioni quello del presidente dei vescovi italiani sui grandi temi del fine vita
Una «posizione chiara», espressa «a nome della Chiesa italiana», in merito a «un tema che tocca i più diversi ambiti della vita individuale e associata». La esprime con un discorso ampio, preoccupato e quantomai esplicito il cardinale Gualtiero Bassetti nell’evento pubblico su «Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?» promosso a Roma presso l’auditorium della Cei nel pomeriggio di mercoledì 11 settembre dal tavolo Famiglia e Vita che presso la stessa Conferenza episcopale italiana riunisce l’Associazione Psicologi e Psichiatri cattolici, l’Associazione Medici Cattolici, il Forum delle Famiglie, il Forum sociosanitario, il Movimento per la Vita e l’Associazione Scienza e Vita, con l’adesione di 76 sigle associative del laicato cattolico nei più diversi ambiti, a pochi giorni ormai dall’annunciato pronunciamento della Corte Costituzionale sulla depenalizzazione – pur parziale e condizionata – del suicidio assistito con un probabile intervento sull’articolo 580 del Codice penale.
Nel suo discorso, il presidente dei vescovi italiani anzitutto chiarisce che «l’eutanasia non va confusa con il rifiuto dell’accanimento terapeutico» e che piuttosto essa «viene a rassomigliare fortemente al cosiddetto “suicidio assistito”, nel quale è il malato stesso a darsi la morte, in seguito all’aiuto prestatogli, su sua richiesta, da parte del personale sanitario» che dunque, a sua volta, «differisce solo formalmente dall’eutanasia, poiché in entrambi i casi l’intenzione dell’atto e il suo effetto sono i medesimi, cioè la morte della persona». Anzitutto Bassetti esamina il paradosso culturale diffuso a sostegno della “morte a richiesta”, secondo la quale «esaudire chi chieda di essere ucciso equivalga a esaltarne la libertà personale». Il cardinale rovescia la tesi affermando che «va respinto il principio per il quale la richiesta di morire debba essere accolta per il solo motivo che proviene dalla libertà del soggetto» poiché «la libertà non è un contenitore da riempire e assecondare con qualsiasi contenuto, quasi la determinazione a vivere o a morire avessero il medesimo valore». Spesso infatti a chiedere la morte per una deformazione evidente del nostro tempo, e cioè che «la condizione di chi è meno autonomo sia percepita come una zavorra per la famiglia, per la società e per la comunità dei “forti”», un fatto «drammatico». Il presidente dei vescovi sul punto è categorico: «Dobbiamo guardarci dall’entrare anche noi, presto o tardi, nel vortice dell’indifferenza. Svegliamoci dal cinismo economicista che genera una mentalità che guarda solo all’efficienza. Circondiamo i malati e tutti i più deboli dell’amore del quale, come ogni essere umano, hanno bisogno per vivere». Ogni uomo infatti «ha una necessità costitutiva di relazione con gli altri». Non solo: va ricordato, oggi più di prima, che «la vita, più che un nostro possesso, è un dono che abbiamo ricevuto e dobbiamo condividere, senza buttarlo».
Di questa «logica utilitaristica», capace di causare la «crisi del diritto», è in fondo figlio anche il «passaggio istituzionale» cui assistiamo – le Camere ferme, la decisione di fatto appaltata alla Consulta, con una scelta con la quale di fatto il Parlamento ha «abdicato alla sua funzione legislativa» – e che «in realtà» pare «orientato, sottotraccia, all’approvazione di principi lesivi dell’essere umano», come seguendo una strategia pragmatica e inconfessata. L’approdo pare annunciato, ma per Bassetti e per la Chiesa italiana è chiaramente un’ipotesi da scongiurare: «Se si andasse nella linea della depenalizzazione, il Parlamento si vedrebbe praticamente costretto a regolamentare il suicidio assistito. Avremmo allora una prevedibile moltiplicazione di casi simili a quello di Noa, la ragazza olandese che ha trovato nel medico un aiuto a morire, anziché un sostegno per risollevarsi dalla sua esistenza tormentata. Casi come questi sono purtroppo frequenti nei Paesi dove è legittima la pratica del suicidio assistito». Di più: «L’approvazione del suicidio assistito nel nostro Paese aprirebbe un’autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, il primo dei quali è quello alla vita. Tale contrasto segnerebbe dal punto di vista giuridico un passaggio irreversibile, con le enormi conseguenze sul piano sociale che tenterò ora di tratteggiare». Davanti a una società che «già seleziona e stabilisce chi tra gli esseri umani sia anche persona e porti o meno il diritto di nascere e di vivere», scandisce Bassetti, «le leggi di cui temiamo l’approvazione non farebbero che ampliare tale obbrobrio, rendendo la vita umana sempre più simile a un oggetto e sempre più soggetta alla regola del consumismo: si usa e si getta».
Come evitare questo esito? Una strada c’è, percorribile anche se si tratta dell’accettazione comunque di un vulnus che si vorrebbe ridurre però al minimo. Bassetti spiega con precisione e trasparenza che «la via più percorribile sarebbe un’attenuazione e differenziazione delle sanzioni dell’aiuto al suicidio, nel caso particolare in cui ad agire siano i familiari o coloro che si prendono cura del paziente. Questo scenario, tutt’altro che ideale, sarebbe comunque altra cosa rispetto all’eventualità di una depenalizzazione del reato stesso».
Indicata una via ancora aperta, il presidente dei vescovi italiani però tiene a sottolineare che «in realtà» il Parlamento dovrebbe intervenire sulla legge che ha introdotto le Disposizioni anticipate di trattamento (il “biotestamento”, in vigore da inizio 2018), legge di cui Bassetti denuncia «l’equivocità», da correggere su quattro punti: la nutrizione assistita che andrebbe esclusa dai trattamenti sanitari; le circostanze per la sedazione profonda, che «andrebbero chiarite»; l’obiezione di coscienza per i medici da introdurre; il rafforzamento delle cure palliative «la cui importanza è cruciale».
Esaminando gli «effetti sociali» della legalizzazione di suicidio assistito ed eutanasia, il cardinale parla di «piano inclinato»: «Diverrebbe sempre più normale il togliersi la vita e ciò potrebbe avvenire di fatto per qualunque ragione e, per di più, con l’avvallo e il supporto delle strutture sanitarie dello Stato», una spinta ambientale particolarmente grave «nei passaggi difficili dell’adolescenza» e più ancora inquietante in una società che «indurrebbe a selezionare mediante la formulazione di appositi parametri sanciti dallo Stato, chi debba essere ancora curato e chi non ne abbia il diritto».
Ricordato il magistero di papa Francesco, Bassetti infine scuote la Chiesa, oggi non solo «chiamata a rendere testimonianza ai valori evangelici della dignità di ogni persona e della solidarietà fraterna» ma che deve agire «facendo anche sentire la propria voce senza timore, soprattutto quando in gioco ci sono le vite di tante persone deboli e indifese». Infatti su questi temi «il contributo culturale dei cattolici è non solo doveroso, ma anche atteso da una società che cerca punti di riferimento. Ci è chiesto, come Chiesa, di andare oltre la pura testimonianza, per saper dare ragione di quello che sosteniamo».
Un piccolo momento di confusione si è vissuto alla fine del discorso, quando il presidente della Cei stava rispondendo alle domande dei giornalisti. Una signora, brandendo una statuetta di una Madonna con bambino, si è avvicinata gridando “Massone” e accusandolo di non essere sufficientemente difensore della vita. Bassetti, allibito ma calmo, ha replicato: “Ma io ho detto tutto il
contrario!”.
da “Avvenire”
0 Comments