Il 19 giugno a Roma presso la Cgil nazionale saranno presentate due proposte di regolamentazione della cosiddetta “gestazione per altri”, in collaborazione con le associazioni Luca Coscioni, Famiglie Arcobaleno e altre. Pubblichiamo il commento tratto dal blog di Marina Terragni: “Cgil e utero in affitto: progressisti contro femministe. Ecco gli appelli delle donne a Landini”.
Uso più o meno lo stesso titolo, progressisti contro femministe, che il New York Times ha dedicato alla battaglia politica che a New York sta opponendo i liberal favorevoli all’introduzione della maternità surrogata commerciale – in testa il governatore democratico Andrew Cuomo – al femminismo in lotta perché New York resti surrogacy free zone. All’impegno di Stop Surrogacy Now si è recentemente aggiunta la voce autorevole di Gloria Steinem, che in una bella lettera (la trovate qui) ha argomentato contro l’utero in affitto, e quella della storica associazione femminista NOW (leggere qui). La contraddizione si è spalancata e il New York Times ne ha dato conto con chiarezza.
Qui sta capitando più o meno la stessa cosa, e il nome della cosa è questo: progressisti contro femministe. In un editoriale sul Quotidiano Nazionale (leggere qui) ho dato notizia di un convegno il 19 giugno presso la sede nazionale Cgil a Roma in cui verranno presentate due proposte di legge per la regolamentazione dell’utero in affitto in Italia. Promotori dell’iniziativa, insieme a Cgil Ufficio Nuovi Diritti, responsabile Sandro Gallittu – che interpellato sui social si è chiuso nel silenzio, bannando le interlocutrici -, l’Associazione Luca Coscioni, Famiglie Arcobaleno e altre.
Nell’editoriale ho parlato di «deriva dirittistica, radicaloide e distopica della sinistra italiana»: l’iniziativa Cgil è solo il casus che fa definitivamente esplodere la questione.
Mentre la destra in Italia è compattamente contraria all’utero in affitto, tutta la sinistra, o meglio ciò che ne resta, è favorevole alla sua regolamentazione, preferibilmente in coppia con il sostegno al “libero” sex work (va segnalata l’eccezione dei Comunisti Italiani). Il Pd non ha mai preso formalmente posizione, scansando la questione in quanto “divisiva”: solo recentemente, in risposta a un appello internazionale (vedere qui) che chiedeva ai candidati alle elezioni europee di assumere l’impegno di fare muro contro gli assalti all’Europa della lobby di Big Fertility, alcuni si sono dichiarati no Gpa (tra cui gli eletti Carlo Calenda e Simona Bonafè). Maggioritario nel Pd un eloquente silenzio quando non un dichiarato favore à la Cirinnà.
Tutto questo nonostante importanti sentenze della Corte Costituzionale (272/2017, relatore Giuliano Amato) e della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ribadiscano e rinnovino il divieto espresso dalla legge 40.
Nei mesi scorsi Cgil aveva organizzato un convegno a favore della sindacalizzazione del sex work, ospite d’onore la sedicente “puta femminista” argentina Georgina Orellano, a capo di un’associazione pesantemente coinvolta nel papponismo sfruttatore. A una richiesta di chiarimento da parte di varie associazioni femministe la segretaria di allora Susanna Camusso non aveva ritenuto di dare risposta.
Questa volta Cgil non potrà eludere la domanda: il nodo è al pettine. Si moltiplicano le prese di posizione e gli appelli del movimento delle donne al segretario Maurizio Landini per un confronto chiarificatore (di seguito ne riportiamo alcuni).
La questione dell’utero in affitto non è affatto marginale, non può essere lasciata alla responsabilità di un ufficio decentrato e modaiolo com’è l’Ufficio Nuovi Diritti Cgil, e insieme alla posizione in materia di prostituzione (anche su questo la Cassazione si è recentemente espressa, difendendo la legge Merlin contro ogni tentativo di decriminalizzazione del favoreggiamento) delinea con chiarezza l’orizzonte e dice quale civiltà si intende costruire.
Se la sinistra, come pare, ha deciso di fare a meno del sostegno delle donne italiane per strizzare elettoralisticamente l’occhio al movimento Lgbt, o meglio G, peraltro con scarsissimi risultati – ormai si trova a un passo dall’estinzione –, le donne italiane faranno a meno della sinistra.
Ecco alcuni degli appelli rivolti a Maurizio Landini, in attesa di riscontro.
Lettera aperta di una donna al segretario della Cgil Maurizio Landini sull’utero in affitto
Caro Segretario, sono una donna, femminista e di sinistra. Per circa trent’anni ho speso parte del mio impegno politico nella CGIL Scuola di Milano. Sono stata delegata sindacale, con altre donne ho fondato il Gruppo donne Cgil per affermare la soggettività di noi donne e valorizzare il nostro lavoro.
Ora non ho più la tessera. L’ho restituita, con grande dispiacere, mesi fa, quando l’Ufficio Nuovi Diritti ha promosso un Convegno nel quale ha proposto di riconoscere e tutelare la prostituzione come lavoro, sex work is work. Anche in quella circostanza, ho scritto una lettera aperta alla allora Segretaria Susanna Camusso in cui esprimevo il mio disaccordo. Non sono stata la sola, l’hanno fatto anche molte Associazioni di donne e singole.
Ora siamo daccapo. Il 19 giugno, sempre promosso dall’Ufficio Nuovi Diritti insieme a associazioni come Certi Diritti, Famiglie Arcobaleno, Art.29 e la Luca Coscioni, si terrà il Convegno dal suggestivo titolo “Fecondazione medicalmente assistita e gestazione per altri: la possibilità di un figlio nel 2019″, una spinta per avviare anche in Italia un iter legislativo, verranno invitati i parlamentari e presentate ben due proposte di legge, per regolamentare la pratica dell’utero in affitto, che da noi è vietata.
Contro l’utero in affitto da tempo agisce un movimento nazionale e internazionale di donne, che chiede l’abolizione universale di questa pratica disumana. Può la Cgil, che dice di difendere la dignità degli esseri umani, sostenerla? Può accettare che delle donne vengano trasformate in materia prima (i loro ovuli venduti) e in mezzi di produzione (le gestanti), trattate come incubatrici, a cui, per contratto, viene tolta ogni libera decisione sul “prodotto” del loro lavoro di riproduzione, a cui, per contratto e tramite il passaggio di denaro, la creatura viene sottratta per essere venduta a ricche coppie, omosessuali e eterosessuali? Può la Cgil avallare la legittimità di confezionare una creatura su misura? Può essere d’accordo sul recidere il legame che fonda la nostra vita, separando la madre dal bambino? Può decidere di riconoscere come diritti individuali pratiche che violano i diritti umani di donne e bambini e stravolgono l’orizzonte della riproduzione umana?
Io penso di no e come me, ne sono certa, molte donne e uomini del Sindacato. Una non strana alleanza si realizza con la richiesta del “diritto” ad affittare l’utero: il moderno liberismo sposa il mai defunto diritto patriarcale di controllo del corpo delle donne in nome del mercato e del business: tutto diventa merce, tutto può essere comprato e venduto. Questa nuova schiavitù delle donne viene spacciata come progresso e come una nuova libertà, quando, in realtà, gli unici a essere liberi sono i ricchi committenti. Sono molte le voci autorevoli contrarie all’utero in affitto. Una per tutte, la Corte costituzionale, secondo la quale questa pratica «offende in modo intollerabile la dignità delle donne e mina nel profondo le relazioni umane». Caro Segretario, i problemi delle donne sono tanti e gravi. Questo è uno di quelli.
Emanuela Mariotto, ex-iscritta Cgil
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Appello promosso da Alessandra Bocchetti, Daniela Dioguardi e Giovanna Martelli
Caro Maurizio Landini, apprendiamo con allarme che il 19 giugno presso la sede della CGIL di Roma si terrà il convegno “Fecondazione medicalmente assistita e gestazione per altri: la possibilità di un figlio nel 2019”. Allarme perché? Scorrendo gli interventi previsti ci si rende conto che sono assenti voci contrarie alla maternità surrogata.
Da questo si deduce che la CGIL ha già assunto una posizione favorevole ad una possibile regolamentazione dell’utero in affitto. La presenza di Sandro Gallittu – Responsabile Ufficio Nuovi Diritti CGIL, tra i relatori nel panel di presentazione della proposta di legge promossa dall’Associazione Luca Coscioni”, ce lo conferma.
Aggiungiamo inoltre che non ci risulta che all’interno della CGIL ci siano stati confronti, dibattiti, approfondimenti per un tema così importante per la vita di tutte e di tutti.
Davvero possiamo pensare, vista la condizione sociale ed economica del Paese, che la “possibilità di un figlio nel 2019” passi dal regolamentare l’utero in affitto? Sono ben altri gli impedimenti alla scelta libera di avere un figlio che un Sindacato come la CGIL dovrebbe considerare, con urgenza.
L’immagine di una donna che affitta l’utero, rientra nella vostra mission di tutela del lavoro? Se si tratta di dono e non di lavoro perché la CGIL organizza il convegno?
Se il ricorso all’utero in affitto all’estero vale circa 200.000 euro, la CGIL, in Italia quanto pensa si potrebbe valutare? O pensate, venendo meno ai vostri principi, che la GPA possa rientrare nel libero mercato?
Per ora stando così le cose soltanto i ricchi potrebbero fare ricorso alla gestazione per altri. O pensate, come nelle vostre migliori tradizioni, che se ne debba far carico il Sistema Sanitario Nazionale?
Ed infine, cosa intendete per nuovi diritti? il mercato del sesso e il corpo femminile come merce? È amaro pensare di doversi difendere anche dalla CGIL.
Noi, come milioni di altre donne e uomini, siamo contrarie e non riteniamo che in questa materia si debba legiferare. Per questo ti chiediamo di esprimere una posizione chiara e pubblica della CGIL sulla gestazione per altri.
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Appello di Udi Napoli, Associazione Salute Donna, Arcidonna
CGIL e GPA, spia della crisi pagata dalle donne.
La fase economica che attraversiamo ha prodotto il consolidamento dello svantaggio imposto alle donne a livello globale: in Italia le donne subiscono licenziamenti e, ancora, gli effetti dell’inoccupazione che al sud si presenta come un dato strutturale. L’Italia in tutti i rapporti basati sulla proporzione numerica tra uomini e donne occupati e sul gap retributivo per genere occupa tra gli ultimi posti in Europa, dove comunque lo svantaggio lavorativo è largamente di segno femminile.
Non ci meravigliano quindi se l’insistenza con la quale si presenta la prostituzione come sbocco lavorativo, e parimenti e non ultima la maternità surrogata a pagamento, voglia essere la risposta con la quale la politica tenta di riempire le incapacità strutturali a sostenere l’autonomia economica femminile.
Sappiamo anche che la voluta incapacità del sistema economico a riconvertire i propri meccanismi in base alle urgenze umane e ambientali risponde al rafforzamento del dominio patriarcale, la qual cosa ci pare non debba trovare alcuna sponda nel movimento dei lavoratori. Ci pare inoltre che, a dispetto delle presenze femminili – numerose – ai vertici dei sindacati, in questo momento abbia sempre maggior peso (di fronte ai non nuovi e trascurati diritti delle donne) la pressione delle lobbies maschili che organizzano il consumo di sesso a pagamento e sfruttano le povertà di donne, spesso costrette dalle famiglie stesse, indotte a vendere pezzi del loro corpo.
I diritti non negoziabili delle donne, come dettati dai protocolli internazionali, devono essere posti al centro del recupero di credibilità di tutta la politica, anche di quella sindacale, per questo non ci basta comunicare la nostra indignazione per le aperture della CGIL verso pratiche come il sex work e GPA, ma chiediamo quindi una chiara presa di posizione di contrasto a queste pratiche che corrispondono a una riedizione della schiavitù femminile.
Foto Ansa